L’Arengario: uno spazio del passato al servizio del futuro

L’Arengario oggi ospita il Museo del Novecento in piazza Duomo a Milano (Credit: WikimediaCommons)

Nei pomeriggi del 22, 23 e 25 Maggio il Coro Bach di Milano canterà nelle sale del Museo del Novecento a Milano nell’ambito dello spettacolo che unisce musica, danza, canto e recitazione dal titolo “Orfeo, canta!” ideato e prodotto dal regista Franco Brambilla. Il Museo riempie le sale dell’antico Arengario, edificio di alto prestigio e valore storico.

Sontuoso esempio di “monumentalità traforata”, è figlio dell’ambizione oratoria di Benito Mussolini che desiderava, anche sulla principale piazza della città, un podio per le adunate milanesi: un balcone in contraltare a quello sulla facciata del Duomo, a celebrare il matrimonio fra potere spirituale e potere politico. Ma, tuttavia, con l’arengo leggermente abbassato rispetto a quello del Duomo, per rispettare i dettami del duce in materia di cose umane e di cose divine.

Il concorso per la sistemazione della piazza e l’assegnazione del progetto dell’Arengario viene indetto nel 1937 e vede passare al secondo grado solo quattro delle 29 proposte presentate: sono i progetti di Marcello Canino, di Filippo Maria Beltrami, di Mario Bacciocchi (quest’ultimo, quindici anni dopo, “inventore” e anima di Metanopoli, accanto a Mattei) e del gruppo Griffini-Magistretti-Muzio-Portaluppi. Il sodalizio dei quattro architetti, tutti piuttosto affermati sulla scena milanese del tempo, è vincente anche perché in grado di proporre una soluzione unitaria, monumentale e dalle valenze simboliche inattaccabili: due edifici simmetrici da comporre sul lato settentrionale della piazza, in contrapposizione all’Arco della Galleria Vittorio Emanuele del Mengoni, e come suo ideale prolungamento. Marcello Piacentini, architetto di regime, anima e coordinatore del romano EUR, influenzerà non poco l’assetto finale del progetto, che vede l’edificio trasformarsi in una sorta di “Colosseo quadrato” fortemente scenografico, in linea con i concetti di modernità e di italianità contemporaneamente espressi proprio nel programma dell’E42.

I lavori per la costruzione dell’Arengario iniziano ufficialmente il primo febbraio 1939 alla presenza dello stesso duce, ma lo scoppio della guerra li interrompe e, non ancora terminato, il fabbricato subisce i bombardamenti del ‘43. Gravemente danneggiato, l’edificio si ripresenta alla cittadinanza alla fine del conflitto, fisicamente e simbolicamente ingombrante, refrattario a qualunque nuova e possibile destinazione d’uso. La conclusione dei lavori, con la realizzazione degli spazi interni su progetto dell’architetto Melchiorre Bega, avviene solo nel 1956, ma non risolve il problema della destinazione dell’edificio, che diventerà attraverso i decenni sede di uffici comunali, di mostre temporanee, biglietterie, uffici turistici e altro ancora. La sua ultima e definitiva trasformazione a sede del Museo del Novecento, su progetto di Italo Rota e di Fabio Fornasari, ha lasciato intatta la facciata, con i bei bassorilievi di Arturo Martini, e ha completamente ridisegnato gli interni per consegnare all’edificio una nuova identità, allinearlo ai grandi spazi espositivi europei e offrirlo come luogo finalmente riconciliato con la storia, territorio libero per una fruizione ariosa ed elegante delle voci migliori della nostra arte del Novecento.

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